Agenti di commercio e le spese deducibili
22/10/2024
Spese deducibili e con detrazione dell’IVA solo se inerenti all’impresa
In sede di consulenza gli Agenti di commercio devono affrontare spesso il tema delle spese deducibili di impresa e talvolta si elude la domanda principale: ma il bene o il servizio acquistato riguarda l’attività della mia impresa?
Ecco, quindi, uno dei temi fiscalmente (ma anche civilisticamente) più importanti e delicati per gli Agenti di commercio: le componenti negative sono deducibili al fine della determinazione del reddito d’impresa solo se sono inerenti all’attività esercitata.
Il principio di inerenza dei costi, intesa quale condizione per la loro deducibilità, guarda appunto al rapporto tra il costo e l’attività di impresa. Per stabilire la deducibilità di un costo/onere, occorre valutare la correlazione della spesa con un’attività potenzialmente idonea a produrre ricavi/utili.
Il principio di inerenza trova sicuro riferimento normativo ai fini fiscali nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi (art. 109 comma 5 del TUIR) in base al quale “le spese e gli altri componenti negativi (…) sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi”.
La legge in alcuni casi ha definito preventivamente la misura dell’inerenza limitando la deducibilità di alcuni costi. Per esempio, le spese relative ai beni mobili e immobili utilizzati promiscuamente che per l’imprenditore individuale sono deducibili al 50% (art. 64, comma 2 del TUIR), gli interessi passivi generatori anche di ricavi che non concorrono alla formazione del reddito di impresa (es. dividendi) che per i soggetti IRPEF (imprese individuali e società di persone) sono deducibili pro rata, le spese di telefonia, deducibili all’ 80% (art. 102, comma 9 del TUIR), le spese di rappresentanza, la cui misura di deducibilità è modulata in base a DM (art. 108, comma 2 del TUIR), le spese di vitto e alloggio (art. 109, comma 5 del TUIR), i costi di acquisto e utilizzazione degli autoveicoli (art. 164 del TUIR), ecc.
Secondo un orientamento giurisprudenziale, l’imprenditore, per evitare possibili accertamenti che disconoscano il costo, deve analizzare e verificare se quel costo riguarda l’attività in termini qualitativi e dunque di compatibilità, coerenza e correlazione dell’onere all’attività svolta. In base a questo criterio si deve ritenere quindi non inerente un costo che si riferisca ad attività o comunque a un ambito estraneo all’attività dell’impresa. Si deve ritenere inoltre non inerente anche un costo non coerente con la propria attività.
Sul tema bisogna prestare attenzione anche ad una valutazione prospettica (ex post) e si potrà ritenere inerente anche il costo riferito ad un’utilità indiretta, potenziale o in proiezione futura, anche se non immediatamente attuale.
Questo tipo di analisi è, come detto, di tipo qualitativo e prescinde dal valore del costo ossia dalla sua dimensione quantitativa. Tuttavia, posto che l’imprenditore si muove di regola in base a criteri economici, un’operazione antieconomica (ossia in rapporto sfavorevole tra costo sostenuto e vantaggio acquisito o acquisibile) sarà sempre un indice di “pericolosità” in ordine all’inerenza del costo stesso.
È onere dell’imprenditore provare anche documentalmente il vantaggio conseguito dalla spesa, la reale consistenza e la natura della stessa. Se però il costo è strettamente necessario per la produzione del reddito e l’acquisto non è sproporzionato (pensiamo all’acquisto di un pc per un agente), la fattura/il contratto sono sufficienti per dimostrare il collegamento tra quella determinata operazione e l’impresa stessa, con grande semplificazione ai fini dell’onere della prova.
L’inerenza di alcuni costi è stata affrontata da circolari dell’Agenzia delle Entrate o, in caso di contenzioso, dai giudici tributari. Tra questi temi, che meriterebbero un approfondita illustrazione, segnaliamo i seguenti:
La deducibilità delle sanzioni amministrative;
La deducibilità delle polizze assicurative per rischio di morte e infortuni degli amministratori;
La deducibilità delle migliorie apportate a beni di terzi (es. migliorie a carico di una società su beni dati alla stessa in locazione da una persona fisica);
Gli accordi transattivi e le consulenze;
I costi di start up.
In materia di IVA ricordiamo che il diritto alla detrazione dell’IVA relativa all’acquisto di beni e servizi è riconosciuto a condizione che i medesimi siano “acquistati nell’esercizio dell’attività di impresa, arte o professione” (art. 19, comma 1 del DPR n. 633/1972); gli acquisti di beni o servizi destinati o riferibili alla “sfera personale” dell’imprenditore – e, quindi, al di fuori, dell’esercizio di un’attività di impresa – non consentono il diritto alla detrazione dell’imposta.
La detrazione dell’imposta è impedita o limitata se si acquistano alcuni beni o servizi, quali ad esempio le spese di rappresentanza con esclusione di quelle per l’acquisto di beni di costo inferiore a 50 euro (vd. per un esame completo degli acquisti di beni e servizi con IVA totalmente o parzialmente detraibile l’art. 19 bis 1 del DPR n. 633/1972). In questi casi, l’IVA oggettivamente indetraibile diventa un elemento di costo, componente negativa del reddito di impresa ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.
Avv.to Paolo Foresi
Direttore servizi Tributari di Confcommercio Milano